Rovine in rovina

(17 dicembre) Giungendo a poche settimane di distanza dal crollo del soffitto della Domus Aurea, la notizia di franamenti e distruzioni irreparabili a Pompei ha causato grave allarme negli ambienti che in America ancora si interessano alla cultura, i quali si domandano, per usare le parole del New York Times, “che cosa facciano la burocrazia e le istituzioni culturali [italiane] oltre ad offrire posti a un indecente numero di fannulloni” (New York Times, 10.12.10). Due giorni dopo, lo stesso quotidiano, vale a dire il principale giornale del mondo, torna sull’argomento per rivelare che “i problemi di Pompei riflettono un’incuria risalente a vecchia data.”


Non per autocitarmi, desidero osservare che lo choc registrato oggi sul piano mondiale sarebbe stato forse minore se si fosse dato un qualunque peso agli avvertimenti contenuti nel mio libro “Roma,” pubblicato in varie lingue (edizione tedesca, 1996; italiana, 1999; inglese, 2005), in cui segnalo da anni l’esistenza in Italia di un incrocio tra corruzione politica e delittuosa negligenza in materia di conservazione del patrimonio artistico, a cui ho dato il nome di “complesso politico-archeologico” e a cui è dovuto il progressivo deperimento di quella che è una delle poche rimanenti ricchezze del nostro paese.


Nell’edizione in cui ho finora trattato più ampiamente il tema, quella pubblicata a Londra nel 2005 e attualmente in corso di aggiornamento per la pubblicazione negli Stati Uniti, sotto il titolo “accessibilità e conservazione del monumenti romani” osservavo: “Il pubblico ha oggi meno accesso ai principali monumenti di Roma di quanto ne abbia mai avuto da vari decenni a questa parte… i visitatori sono lieti di apprendere l’inizio di altamente pubblicizzate campagne archeologiche, ma ciò che questa pubblicità non dice è che per ogni nuovo sito archeologico che viene aperto, due vengono chiusi… La Galleria Borghese è stata restaurata e ridipinta, ma il lavoro è stato così inetto che pezzi della facciata posteriore cadevano a terra a soli pochi mesi dall’inaugurazione… Il tetto della basilica di S. Pancrazio è crollato non durante il restauro, ma subito dopo…Corruzione e clientelismo politico hanno sempre infestato l’Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma a Roma il fenomeno ha avuto un aspetto speciale: una relazione simbiotica tra il potere politico e una vasta armata di antiquari, archeologi e restauratori, dai ranghi traboccanti di beneficiari di nepotismo e clientelismo…”