Un esercito più o meno gaio

(1 ottobre) Da tempo i portabandiera progressisti premono sull’amministrazione di Washington perchè abolisca l’ultima remora ancora esistente sull’attività omosessuale nelle forze armate: la regola del “don’t ask, don’t tell” (“non dite nulla, e nulla vi sarà chiesto”), che proibisce ai gay di dichiararsi apertamente. Attualmente, se lo fanno, possono essere espulsi. Se tacciono possono rimanere, con l’assicurazione, prevista dalla regola, che nessuno gli chiederà da che parte stanno come vita sessuale.

Con due o tre guerre per le mani, assaliti dalle preoccupazioni più varie – suicidi delle reclute, soldati che impazziscono, soldati rimbecilliti dalla droga che commettono oscenità e atrocità senza precedenti, una percentuale di morti e mutilati che invece di diminuire aumenta, insufficienza degli effettivi con rotazioni troppo frequenti tra servizio al fronte e periodi in patria, eccessivo ricorso alla “national guard” o riserva territoriale che tra l’altro lascia troppo scoperto il territorio nazionale per il caso di catastrofi naturali o dolose – il segretario alla difesa Gates, il capo dello stato maggiore Mullen e il comandante supremo Obama non hanno ancora deciso come rispondere ai fautori della tolleranza totale nell'ambiente militare.

Il presidente e i suoi aiutanti esitano non per moralismo, ma per paura che l’ingresso aperto dei gay nelle forze armate dia un altro colpo alla loro efficienza, forse il colpo finale. D’altra parte i pro-gay sono una sezione non indifferente dell’elettorato, e un’amministrazione che già teme forti diserzioni nel voto di novembre per il rinnovo del Congresso non può prendere alla leggiera l’ostilità di un gruppo così importante.

L’elemento militare si trova di fronte a un fenomeno in parte simile a quello che turba la Chiesa cattolica. La spiegazione convenzionale della pederastia ecclesiastica è che il prete ne sviluppa gli appetiti perchè gli è precluso lo sfogo matrimoniale, ma io ritengo questa spiegazione invalida, perchè quegli appetiti si annunciano ben prima dell’età coniugale. Ciò che attrae veramente il seminarista gay è, in primo luogo, un ambiente prevalentemente maschile, con presenza e disponibilità di maschi grandi e piccoli. In secondo luogo è un ambiente conciliante verso i gay, e che più i gay aumentano, più conciliante diventa.

Quella che attrae all’ambiente militare il volontario gay è la prima di queste due caratteristiche. La seconda è meno presente, ma quando l’elemento gay, dall’essere tacitamente tollerato, diventasse ufficialmente accettato e protetto, e anche solo per questa ragione il suo numero cominciasse ad aumentare, i rischi per l’esercito volontario diventerebbero difficili da prevedere. E’ possibile che il pregiudizio nei suoi ranghi sia stato sottovalutato, e allora potrebbe spaccarsi in due. O che, al contrario, il pregiudizio si dissolva totalmente col tempo, e che allora l’aumentato flusso dei gay crei un ambiente non dissimile, per fare degli esempi, da quello dei ballerini o dei parrucchieri per signora. Perfino il suo comportamento di fronte al nemico, allora, diventerebbe un'incognita.