L'Italia e la pena di morte

(25 settembre) Essendo di passaggio in questi giorni a New York il ministro Frattini e la ministra Carfagna, si è fatto un gran parlare della posizione dell’Italia e di altri paesi cosiddetti "avanzati" contro la pena di morte, che si contrappone a quella dei malvagi e retrogradi americani che di abolizione della pena non vogliono sentir parlare. E’ vero che l’Italia è il paese di Cesare Beccaria, ma ciò non toglie che l’avversione per la pena capitale solleva problemi molto più profondi di quanto generalmente non si riconosca. Nel migliore dei casi, questa avversione è dovuta non a motivi etici, perchè questi possono essere discussi ad aeternum senza una soluzione, ma a motivi religiosi: ma la religione da un paio di secoli a questa parte non è esclusa dalla vita politica delle nazioni? Nel peggiore dei casi, la campagna abolizionista è dovuta semplicemente al fatto che costa poco, e che procura a buon mercato, a chi la conduce, un’aureola di bontà.

Però il punto cruciale non è questo; ma è chiedersi: vada pure essere buoni con tutti, perfino con gli assassini, perfino con i torturatori. Ma allora come si fa' ad essere buoni e giusti anche nei confronti delle loro vittime, o delle loro famiglie in mancanza delle vittime? Come si pensa che queste possano sentirsi, dopo il dolore sconfinato e irreparabile che gli è stato procurato, quando vedono che i colpevoli se la cavano con una punizione che non è neppure lontanamente paragonabile alla pena che hanno inflitta?

Proprio mentre erano qui i nostri ministri procedeva a New York il processo contro due giovanotti, i quali dopo aver invaso di notte una villetta suburbana, hanno massacrato a legnate il capofamiglia, poi lo hanno legato a un tubo in cantina. La moglie e le due figlie, due bambine di cui una vicina all’adolescenza, sono state invece legate per le mani al capezzale dei propri letti. Giunto il mattino, la signora è stata slegata e accompagnata al bancomat, dove le sono stati fatti ritirare i 15000 dollari esistenti sul conto di famiglia. Poi è stata riportata indietro dai due che, intascati i dollari, l'hanno nuovamente legata.

Allora è cominciata la vera festa dei due mostri: hanno prima stuprato la donna e la bambina più grande; poi le hanno tormentate e battute selvaggiamente.

Il marito, che disotto aveva ripreso i sensi, udiva tutto, le grida, i pianti, infine il tonfo di uno dei corpi gettato a terra dal letto. Poi non sentiva per un certo tempo più nulla; solo, trapelante dal soffitto, il fumo di un incendio. All’arrivo dei vicini prima e poi della polizia si vide che il fuoco era stato causato da litri di benzina di cui i due avevano cosparso la casa per mascherare il delitto, prima di fuggire. La più piccola delle bambine è morta così, asfissiata dal fumo, legata al letto. L’unico superstite della strage è stato l’uomo. I due assassini sono stati rapidamente rintracciati e catturati dalla polizia.

Adesso io chiedo ai “buonisti” italiani, inclusi ministri e ministre, di fare in buona fede un esperimento mentale. Cerchino di compenetrarsi il più possibile dei vari aspetti di questa vicenda, poi di immaginaserli tali e quali ma riferiti alla loro casa, ai loro figli, ai loro genitori, ai loro mariti o mogli. Dopo cinque minuti di concentrazione, si scuotano e pongano a se stessi la domanda: voglio, devo applicare sì o no ai due malviventi la pena di morte? E poi pensino a lungo, supposto che siano loro a sostenere, nell’immaginazione, la parte del marito o del padre superstite, se sembri loro giusto, qualora non esista nel loro paese la pena di morte, che essi debbano serbare per tutta la vita il ricordo di quella notte, e il ricordo della loro famiglia torturata e distrutta, mentre i loro carnefici continuano a vivere, sia pure in luoghi poco ameni, ma insomma a vivere sempre, a rimanere tra quelli, come diceva Dante, cui “fere li occhi ... lo dolce lome”, e magari a uscirsene liberi dopo qualche anno per un'amnistia?

Pensateci un po’, poi fatemi sapere se sostenete sempre, come principio e ovviamente con tutte le cautele, limitazioni e restrizioni del caso, l’abolizione della pena di morte.