Obama, meglio tardi che mai

(11 settembre) – Quasi nessuno – e certamente nessun giornale italiano – ha avuto finora l’intelligenza o il coraggio di notare qualche cosa di straordinariamente nuovo e importante in occasione del negoziato attualmente in corso tra gli israeliani e i palestinesi per la conclusione di un conflitto che dura da mezzo secolo. La novità è che per la prima volta nella storia contemporanea, un presidente americano, Barack Obama, ha voluto mettere in piena luce l’esistenza di un legame diretto, un link come si dice in diplomazia, tra quel conflitto e le guerre che invischiano l’America in Medio Oriente e hanno contribuito al baratro economico che si è aperto sotto i piedi dell’occidente.

Finora questo legame era stato sempre taciuto semplicemente perchè il presidente americano o chiunque altro lo avesse menzionato, avrebbe ipso facto sollevato una terribile questione. Se le guerre in Medio Oriente sono una conseguenza del conflitto palestinese, e dato che quest’ultimo concerne esclusivamente Israele e i palestinesi, perchè il governo americano, e dietro a questo un pugno di sciagurati governi leccapiedi occidentali tra cui quello italiano, si sono dovuti andare a impelagare in Medio Oriente in guerre che ne sono la diretta conseguenza?

Perchè, in altre parole, i governi occidentali hanno dovuto compromettere i loro interessi a vantaggio di un altro governo, quello d’Israele, che ha interessi totalmente diversi, che ha sempre dimostrato di essere capacissimo di difendersi da solo, che è l’unico a essersi munito della bomba atomica nella regione mediorientale, e che, cosa che è forse la più grave di tutte, è chiaramente sospettabile di essere il vero ostacolo alla conclusione del conflitto con i palestinesi? Interrogativo tanto semplice quanto agghiacciante. Ma chi lo avesse sollevato sarebbe stato, innanzitutto, accusato di antisemitismo, un’accusa che, da oltre mezzo secolo inorridisce uomini e gruppi politici politici di buona parte del mondo anche quando è totalmente falsa, e che solo adesso, per fortuna, sta lentamente perdendo la sua forza dirompente.

In particolare, una circostanza indubbiamente mostruosa in cui il link, anche se saltava agli occhi, è stato accuratamente ignorato, e che, sconvolgendo la psiche americana, è anche all’origine delle guerre americane in Medio Oriente è l’abbattimento delle torri gemelle del World Trade Center. Tutto è stato detto in America a proposito di questo spaventoso atto: era perchè gli arabi invidiano la democrazia americana; era perchè sono congenitamente assassini; era perchè sono dementi; era perchè sono vigliacchi (anche quando vanno deliberatamente incontro alla morte) eccetera eccetera. Ma guai a dire che era perchè volevano punire gli americani e l’occidente per il loro sostegno a Israele nel conflitto con i palestinesi. L'idea era talmente tabù che quando un principe saudita donò 10milioni di dollari alla citta' di New York da usarsi per la ricostruzione delle Torri, l'allora sindaco Giuliani glieli rimandò indietro perchè erano accompagnati da una lettera esortante l'America a prendere un atteggiamento imparziale in Medio Oriente.

Obama, finalmente, annunciando il nuovo round di negoziati ha riconosciuto l’esistenza del link, evidenziandolo in più maniere ossia: annunciando il nuovo negoziato e parlando a lungo della disperata necessità di portarlo a termine con successo; annunciando, contestualmente, un altro evento clamoroso, la fine perlomeno “simbolica” delle operazioni di combattimento occidentali in Iraq; facendo sì che questa fine e il relativo inizio del ritiro delle truppe avvenissero addirittura lo stesso giorno della prima, formale seduta del negoziato israelo-palestinese; e infine inscenando il tutto nell’imminenza della più amara e sofferta di tutte le ricorrenze americane, il crollo delle torri in un indimenticabile Undici Settembre di nove anni fa.

Il gesto senza precedenti di Obama ha non solo il significato di avvertire che, d’ora in avanti, la necessità di chiudere un conflitto interminabile all’origine della colossale catastrofi sarà messa sempre in primo piano; ma anche di avvertire il governo d’Israele che è finito il tempo in cui Washington si piazzava automaticamente dalla sua parte, e che l’America potrà mettere in opera tutti i suoi sforzi per spingere non solo i palestinesi ma anche gli israeliani a concludere la pace. Questi ultimi potranno anche essere chiamati a rendere ragione quando sia chiaro che il principale ostacolo sono loro e non, come si è sempre capziosamente sostenuto in passato, i loro avversari.

Questo avvertimento, di cui i giornali non parlano per non passare da antisemiti o perchè condizionati dalla pubblicità di origine israelita o da altri controlli finanziari israeliti, é certamente giunto chiarissimo agli Israeliani di Gerusalemme, che hanno sempre temuto che Obama (chiamato poco dopo la sua elezione “il nostro probabile nemico” dalla rivista ‘neocon’ cioè neo-conservatrice ebraica Commentary) avrebbe fatto una mossa di questo tipo. Un effetto pratico sorprendente è stata l’improvvisa metamorfosi da falco in colomba del primo ministro israeliano Bibi Netanyahu, che si è mostrato all’inizio del negoziato pieno di buona volontà e di spirito di conciliazione. Se si tratti di un cambiamento reale o di una tattica si capirà in seguito. Qualcuno ha persino ipotizzato che sia un espediente di Bibi per allontanare da sè il sospetto che egli prepari, come sta forse facendo, un attacco aereo degli impianti atomici dell’Iran, unica cosa che Israele veramente teme. Chi vivrà vedrà. Il negoziato potrebbe durare un anno.